L’Occidente ha imparato a conoscere e apprezzare il cacao dal 1492, con i primi passi nel Nuovo Mondo. Tra i nativi locali, infatti, la pianta era una risorsa energetica, ma anche medicinale, da più di un millennio; sacra per gli Aztechi, offerta come bevanda agli dei, mentre le fave intere erano moneta preziosa. È proprio dalle osservazioni incuriosite dei naturalisti del tempo (paradigmatico il trattato Historia de las Plantas de la Nueva España di Francisco Hernandez, 1577), che nasce uno dei filoni di osservazione e ricerca più longevi, ininterrotto fino a oggi: quello sulle proprietà del Theobroma cacao, il “cibo degli dei” secondo il battesimo di Linneo nel 1753.
La fava di cacao è ricca di componenti di interesse nutrizionale: grassi, steroli, fibre, minerali, metilxantine (teobromina e, in minor quantità, caffeina), peptidi, polifenoli sono abbondanti all’origine, anche se la lavorazione ne modifica il contenuto e, di conseguenza, l’impatto nutrizionale; questa complessità nella composizione condiziona il rapporto tra assunzione di cacao (e prodotti derivati), benessere e salute, che è stato negli ultimi anni oggetto di un lavoro di ricerca intenso che non si è mai arrestato, come dimostra la serie di revisioni della letteratura e metanalisi pubblicate dal 2018 al 2020, che hanno valutato i dati più recenti al proposito.
Polifenoli al centro dell’attenzione
Nel mondo vegetale, i polifenoli sono indispensabili per la difesa da insulti ossidanti (come la radiazione UV), parassitari, microbici. Differenziati secondo la struttura, alcuni specifici (l’esempio più noto sono gli isoflavoni della soia), sollecitano non da ora l’attenzione della ricerca nutrizionale. Di certo si sa che il consumo costante e adeguato di fonti alimentari di polifenoli (frutta, verdura, semi, spezie, erbe, l’olio extravergine di oliva, ma anche tè, caffè, cacao) è il paradigma dell’alimentazione corretta, associata a una significativa riduzione del rischio di malattie croniche non trasmissibili. E gran parte di questa azione preventiva si può di fatto attribuire al contenuto di polifenoli di questi alimenti.
I polifenoli prevalenti nel cacao, catechina ed epicatechina, sono flavanoli monomerici; meno significativa è invece la quota di proantocianidine, flavanoli polimerici. A un complesso di flavanoli del cacao la Commissione Europea, sulla base del parere dell’Autorità europea preposta alla sicurezza degli alimenti (EFSA: European Food Safety Authority) ha riconosciuto, nel 2012, un claim specifico, in quanto “aiutano a mantenere l’elasticità dei vasi sanguigni, la quale contribuisce a un normale flusso sanguigno” nella popolazione generale.
Tale effetto è associato all’assunzione quotidiana di 200 mg di flavanoli del cacao; l’indicazione può essere utilizzata solo per bevande al cacao (con cacao in polvere) o per cioccolato fondente, che forniscano un apporto giornaliero di almeno 200 mg di flavanoli del cacao con un grado di polimerizzazione compreso tra 1 e 10.
Nel 2014, il claim è stato aggiornato ed esteso allo stesso estratto di flavanoli del cacao, allestito in capsule e compresse che ne forniscano una dose giornaliera pari almeno a 200 mg. Nei documenti che contengono il parere di EFSA si precisa che l’assunzione del cacao, in qualunque forma, deve essere inserita in una dieta complessivamente varia e bilanciata.
Non è un’osservazione secondaria: il cacao, e soprattutto i prodotti derivati, sono spesso molto energetici. Come è stato già accennato, la fava di cacao è un seme ricco. Lo avevano ben notato i primi importatori, che raccontavano come le popolazioni centroamericane facessero affidamento a questo solo alimento per trarre l’energia necessaria a un’intera giornata di lavoro.
Cacao, cioccolato, flavanoli e rischio cardiometabolico e cardiovascolare
Il mantenimento della vasodilatazione endotelio-dipendente, cui fa riferimento EFSA, è uno dei fattori riconosciuti di benessere cardiovascolare. L’effetto favorevole del consumo di cacao su questo parametro è confermato dalla pubblicazione, nei mesi scorsi, di una metanalisi di 22 studi randomizzati e controllati, condotti su uomini e donne adulti (21-67 anni), senza escludere i soggetti con fattori di rischio cardiovascolari o patologie in atto (diabete di tipo 2, insufficienza cardiaca, malattia coronarica). La metanalisi aveva lo scopo di valutare l’effetto sulla dilatazione vasale mediata dal flusso (FMD), misurata sia in acuto (dopo 1 o 2 ore dall’assunzione) e sia in cronico (dopo 2 e fino a 48 giorni), dopo assunzione di cacao in polvere, o di cioccolato fondente ad alto contenuto di flavanoli, oppure di estratti di flavanoli, a confronto con cacao, o cioccolato a basso contenuto di flavanoli, con cioccolato bianco (in cui i polifenoli sono del tutto assenti), con bevande placebo.
La metanalisi conferma che l’assunzione di cacao e cioccolato ad alto contenuto di flavanoli, oppure di estratti di flavanoli migliora la FMD, anche nel breve periodo; ma i risultati migliori sono stati rilevati sul lungo periodo, in generale attorno a un mese.
Gli effetti del cacao a livello cerebrale: meno eventi ischemici ed emorragici, ma una maggiore propensione all’emicrania?
Come si ricordava, l’assunzione di cacao, o cioccolato, ad alto contenuto di flavanoli si associa al mantenimento di una buona elasticità vascolare, e al miglioramento della funzione endoteliale (che garantisce un migliore flusso ematico) estesa al distretto cerebrale: i flavanoli, infatti, contribuiscono a ridurre il rischio di ictus ischemico ed emorragico. I flavonoidi, d’altra parte, compresi i flavanoli del cacao, possono in genere superare la barriera ematoencefalica e accumularsi nel cervello. L’effetto neuroprotettivo è a largo spettro, favorito anche dal miglioramento della perfusione con un maggiore apporto di glucosio e ossigeno ai neuroni. Sono note le ricadute positive sull’attenzione (sostenuta anche dall’azione delle metilxantine teobromina e, in misura minore, caffeina), sulla protezione della funzionalità visiva e su alcuni aspetti della cognitività, evidenziati in giovani adulti; ma ci sono dati suggestivi anche sulla possibilità di rallentare la progressione di patologie neurodegenerative. Meno chiaro è, invece, il ruolo del cioccolato come alimento trigger degli attacchi emicranici.
Nutrients ha pubblicato in febbraio una revisione di 25 studi sulla prevalenza del cioccolato come fattore alimentare scatenante un’emicrania in soggetti sofferenti di questa forma severa di cefalea: gli altri alimenti abitualmente citati sono i formaggi stagionati, il vino rosso e i superalcolici, il glutammato, gli agrumi, i salumi. Alla base del rapporto cioccolato-emicrania è stato proposto l’effetto vasodilatante indotto dall’aumento della sintesi di ossido nitrico (o la sua stabilizzazione) da parte dei flavanoli; si è tuttavia anche indagato l’apporto di serotonina e del suo precursore, il triptofano. Ma questa ipotesi è controversa, perché chi soffre di emicrania ha livelli di triptofano costantemente bassi (che mostrano un picco solo durante gli attacchi) e perché si è visto che, riequilibrando l’apporto quotidiano di triptofano, il rischio di soffrire di emicrania si riduce in misura compresa tra il 54 e il 60%. Il cioccolato dovrebbe quindi, in teoria, avere un effetto protettivo (che invece non si osserva). Non solo. Il cioccolato è ricco di magnesio (fino a 250 mg per 100 g), il cui effetto antalgico è ben noto, soprattutto per il dolore cronico, emicrania compresa, ma anche di riboflavina, che ha dimostrato di ridurre la frequenza degli attacchi emicranici negli adulti.