Una sfida difficile
Definita dall’OMS come una delle sfide più difficili del XXI secolo, l’obesità infantile mostra tutte le caratteristiche di una epidemia. Secondo dati pubblicati su Lancet i ragazzi sovrappeso da 11 milioni, nel 1975, sono diventati 124 milioni nel 2016. Come se non bastasse proiezioni mostrano che entro il 2030 potrebbero raggiungere i 250 milioni in tutto il mondo, secondo quanto riportato dalla World Obesity Federation nell’ “Atlas on childhood obesity”. Questi numeri sono sostenuti maggiormente per la tendenza dei paesi in via di sviluppo.
Rimanendo invece nel nostro Paese, un’indagine coordinata dall’ISS mostra una lieve inversione di tendenza con una percentuale di bambini obesi di età compresa tra i 6 e i 10 anni che è scesa dal 12%, nel 2008/09, al 9,3% del 2016. Tuttavia, l’Italia è quella che detiene tra i più alti tassi di obesità infantile in Europa. Circa 3 bambini su 10 sono in eccesso ponderale e circa 2 bambini su 5 trascorrono più di 2h/giorno in attività sedentarie.
La sedentarietà, che rientra sicuramente nella cerchia dei fattori scatenanti l’obesità infantile, non è sfortunatamente la sola a giocare un ruolo chiave.
La facilità con cui gli alimenti ad alta densità energetica si trovano nelle dispense di casa, la semplicità con cui le famiglie propinano ai loro figli “junk food” come ricompensa (food reward) dopo aver svolto i loro piccoli “doveri”, associati spesso ad orari lavorativi sempre più allungati dei genitori con conseguenze che ne scaturiscono, rappresentano altri fattori fondamentali in tutto quello che sarà poi il rapporto alterato che il bambino svilupperà con il cibo.
Alcuni studi effettivamente hanno dimostrato come il consumo cronico di cibi ad alta densità energetica possa influenzare i circuiti neurali dopaminergici della ricompensa, portando a comportamenti simili a quelli visti nei tossicodipendenti. Possiamo quindi ben capire che si sarà creato un vero e proprio terreno fertile per l’obesità quando tutto questo incontra la sedentarietà.
Cosa fare?
La primissima cosa da fare sarebbe insegnare alla famiglia i principi base della corretta alimentazione, chiamata anche “educazione alimentare”. Senza quest’ultima, non ci sarà intervento dietetico che funzionerà. I comportamenti sbagliati dei genitori saranno infatti appresi e/o percepiti giusti dai bambini, i quali emuleranno quello che vedono. Non è un caso che numerosi studi presenti in letteratura abbiano dimostrato l’importanza della famiglia nella gestione e nel controllo dei percorsi nutrizionali. Una volta che la famiglia verrà propriamente formata si potrà procedere, secondo il caso singolo, con l’inizio del percorso. Attualmente si consiglia il mantenimento del peso corporeo nei bambini in sovrappeso e la perdita di peso solo e soltanto nei bambini obesi che presentano complicanze.
Possiamo suddividere l’approccio in varie fasi. Inizialmente ci si limiterà a dare delle raccomandazioni generali, incoraggiando il consumo di alimenti più salubri ed equilibrati da un punto di vista nutrizionale (ortaggi freschi, legumi, frutta, olio extra vergine di oliva come unico condimento) e il movimento fisico a discapito di alimenti ad alta densità, ricchi in grassi e carboidrati, e comportamenti sedentari.
Qualora non si dovesse notare nessun miglioramento a distanza di mesi, è consigliato passare alla fase successiva. Qui si fornirà un piano maggiormente articolato per i bambini e per la stessa famiglia. Verrà quindi proposta un’alimentazione equilibrata e con pasti che apportino energie sufficienti per sostenere le attività giornaliere. Molta attenzione dovrà esser posta alla quota proteica e all’apporto di calcio, entrambi fondamentali nel sostenere l’adeguata crescita muscolo-scheletrica del bambino. Inoltre, dovrà essere sempre presente un’attività fisica strutturata per almeno 30 minuti al giorno. Anche in questo caso, qualora non dovessero notarsi miglioramenti dei dati antropometrici nonostante l’impegno della famiglia e del bambino, sarebbe appropriato passare alle fasi successive che prevedono terapie nutrizionali vere e proprie e, in alcuni gravi e rari casi, anche interventi farmacologici o chirurgici.
Lasciando un attimo il teorico per andare sul pratico è risaputo che alcune categorie di alimenti per i bambini siano un tabù (verdure, ortaggi, legumi) rappresentando spesso fonte di grossi grattacapi per i genitori e per i professionisti sanitari che si relazioneranno con loro. A tal proposito è stato osservato come il consumo a crudo di questi alimenti è generalmente il meno gradito al contrario di cotture al forno con del pan grattato, del parmigiano, oppure con spezie. Torte salate o frittate con all’interno degli ortaggi di stagione, ma anche dei passati di verdura con crostini integrali o simili, sono solo un esempio di come proporre questi cibi in un piano nutrizionale equilibrato. Inoltre, sarà di fondamentale importanza inserire dei fuori programma giornalieri o settimanali in modo da non far sentire il bambino costretto in un percorso rigido ed imposto. Bisogna tuttavia ricordare che uno svezzamento fatto con una proposta alimentare salubre e variegata può evitare o ridurre queste problematiche relative ai gusti alimentari del bambino. (articolo svezzamento link)
Complicanze dell’obesità
Sono ormai note a tutti le complicanze correlate all’obesità in generale e l’infante obeso non è certamente esente dal contrarle. Anzi, andrà ad influenzare ulteriormente la salute del bambino ma anche del futuro adulto. Tra le più citate complicanze rientrano la sindrome metabolica, il diabete mellito di tipo 2, la NASH, l’OSAS e alterazioni osteo-articolari. Tuttavia, meno considerate ma non per questo meno importanti ed impattanti sulla qualità di vita dell’infante troviamo i disturbi psicosociali come scarsa autostima, l’isolamento sociale, i DCA e la depressione. Inoltre, vi possono essere anche alterazioni ormonali con un aumentato rischio nelle bambine obese di sviluppare PCOS da adulte mentre nei bambini si potrebbe osservare un ritardo o alterazioni della fase puberale.
Conclusioni
Le condizioni di obesità e sovrappeso dell’infanzia sono certamente tematiche che destano preoccupazione dal momento che possono ledere la vita di un bambino su diversi piani, riducendo esponenzialmente la qualità delle stessa nel presente e nel futuro. Chi svolgerà un ruolo chiave saranno i pediatri, perché primi a relazionarsi, ma anche figure professionali quali medici specialisti in scienza dell’alimentazione, biologi nutrizionisti, dietisti ed esperti delle scienze motorie rivestiranno un compito essenziale sia nella prevenzione generale sia nel percorso terapeutico. Inoltre, poiché questa condizione coinvolge anche l’ambito psicologico della persona, è da menzionare all’interno nel percorso terapeutico la figura dello psicologo.
Nonostante il discreto successo che si potrà ottenere nell’immediato le recidive sono tuttavia molto frequenti. Come per l’adulto, ogni bambino rappresenta un caso a sé, ergo non esisteranno piani alimentari universali o tabelle magiche che possano essere tramandate con lo scopo ultimo di far perdere peso al bambino.