Riflettori accesi sulla patologia del glaucoma con la “World Glaucoma Week” che si celebra dal 6 al 12 marzo. Tante le tante iniziative, il congresso internazionale, organizzato dall’Associazione italiana Studio Glaucoma, che avrà luogo a Roma dal 3 al 5 marzo presso l’Auditorium della Conciliazione.

I maggiori esperti nazionali e internazionali si riuniranno per confrontarsi sulle ultime novità di ricerca legate alla patologia del glaucoma. Tanti gli argomenti all’ordine del giorno: dalle conseguenze che ha avuto la pandemia sui pazienti che non si sono sottoposti a visite di controllo causa lockdown alle nuove tecniche chirurgiche; dallo stato dell’arte sulla terapia medica alla qualità di vita del paziente glaucomatoso.

In Italia circa un milione e 200 mila persone sono affette da questa patologia spesso definita il killer silenzioso della vista. Una persona su due non sa di averla con il rischio di accorgersene quando è troppo tardi.

La pandemia ha avuto un forte impatto su questa patologia. Il Covid-19 infatti, ha reso impossibile almeno nei primi mesi di lockdown di recarsi ai centri ambulatoriali rimandando i controlli e quindi non è stato possibile monitorare la malattia.

È stato dimostrato che occhi e Covid-19 sono strettamente legati: può causare un’infiammazione della congiuntiva provocando arrossamento e prurito agli occhi.
Un aspetto preoccupante ma non ancora del tutto esplorato emerge da un recente studio pubblicato sulla rivista Lancet in cui viene dimostrato un coinvolgimento della retina dell’occhio nei pazienti con Covid-19.

“Il glaucoma – spiega Stefano Miglior, direttore della clinica oculistica Policlinico di Monza, Università Milano Bicocca, nonché Presidente dell’Associazione italiana Studio Glaucoma – è una patologia degenerativa e se non viene monitorata e controllata con la terapia farmacologica o chirurgica porta alla cecità irreversibile. Coinvolge in genere, entrambi gli occhi determinando danni permanenti al nervo ottico (oggi è la seconda causa di cecità nei Paesi industrializzati)”.

“Il fattore di rischio più importante è la pressione oculare elevata, ma in un terzo dei casi viene osservato in pazienti con pressione oculare normale – spiega il prof. Miglior – Il soggetto può andare incontro a una progressiva riduzione del campo visivo fino alla visione cosiddetta “tubulare” che dà l’impressione di guardare attraverso un cono, perché si riesce a vedere solo una piccola parte di ciò che si ha davanti”.

“Non esiste una cura definitiva, ma la patologia può solo essere rallentata – prosegue Miglior – È stato osservato che in alcuni pazienti glaucomatosi si assisterebbe anche a una progressiva compromissione strutturale e funzionale di zone cerebrali non propriamente deputate alla visione. Non è raro che le persone non si accorgano, anche per lungo tempo, di esserne affette e arrivino dall’oculista quando la situazione è ormai già compromessa. I controlli oculistici periodici sono fondamentali”.

Il glaucoma colpisce di solito oltre i 60 anni, ma può insorgere anche tra i più giovani. “A tutt’oggi – sottolinea l’esperto – non ci sono nuove armi nella terapia medica del glaucoma ma abbiamo a disposizione una significativa batteria di molecole che, in mono-terapia o terapia combinata, permettono di gestire un numero elevato di pazienti”.

“Le metodiche diagnostiche del glaucoma non sono invasive e si basano su tre fattori – riferisce Stefano Miglior – disponibilità dell’individuo sano a sottoporsi a visite oculistiche di controllo ripetute nel tempo (se l’individuo è a conoscenza di parenti stretti affetti da glaucoma, farebbe bene a cominciare a farsi visitare già in età giovanile); esperienza del clinico oculista che visita il presunto paziente; corretta interpretazione dei risultati degli esami di riferimento in rapporto ai dati clinici osservati sul presunto paziente”.

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