In chi soffre di diabete di tipo 1 le cellule beta del pancreas che producono insulina muoiono, più o meno velocemente, e l’ormone indispensabile per il metabolismo del glucosio si riduce fino ad azzerarsi. Ma perché le cellule beta muoiono? E soprattutto, è possibile salvarle? La risposta a queste due domande è arrivata da un recente studio del Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università di Milano e dell’Ospedale Sacco di Milano, in collaborazione con la Harvard Medical School statunitense: i ricercatori, che hanno pubblicato i risultati su Nature Communications, hanno individuato un meccanismo determinante per la perdita delle beta cellule e soprattutto un ‘bersaglio’ possibile su cui agire per salvarle.

Due recettori

Grazie a esperimenti in vitro e in vivo sui topi è stato scoperto che è determinante il malfunzionamento dell’interazione fra due recettori delle beta cellule: fra loro si crea un ‘asse’ che porta a morte la cellula ma che può essere evitato bloccandolo con farmaci selettivi. Così facendo si proteggono le cellule, che continuano a funzionare prevenendo la comparsa del diabete di tipo 1 nei modelli sperimentali sui topolini utilizzati per la ricerca; un ottimo risultato confermato da esperimenti in vivo sui topolini in cui l’inibizione genetica selettiva di uno dei due recettori sulle beta cellule pancreatiche ha consentito di preservare e proteggere le beta cellule stesse in corso di diabete. L’altro recettore, la cui quantità aumenta in caso di diabete, si comporta di fatto come una tossina per le cellule beta, ma se si ‘spezza’ l’asse fra i due recettori si costruisce un potente argine alla malattia.

Possibili terapie

«Il nuovo asse che abbiamo individuato può controllare il destino delle cellule beta pancreatiche e modulare la loro sopravvivenza» dice Paolo Fiorina, direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di Tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi. «Il malfunzionamento del segnale dai due recettori porta alla perdita di cellule beta che producono insulina e contribuisce quindi al danno beta cellulare che si sviluppa in corso di diabete, ma l’inibizione genetica e farmacologica dell’asse in questione può preservare la massa di cellule prevenendone la morte ed evitando l’insorgenza della malattia in vivo, nei topolini. Evitare la perdita di beta cellule è di straordinaria importanza per i pazienti con diabete, soprattutto per chi soffre di diabete di tipo 1 dove la loro distruzione massiva e rapida costringe alla necessità di terapia con insulina». «Il blocco del danno indotto dall’attivazione dei due recettori, grazie allo sviluppo di farmaci mirati a inibire l’azione tossica di questo nuovo asse, rappresenta un’opzione terapeutica di grande rilevanza clinica per i pazienti», aggiunge la ricercatrice Francesca D’Addio che ha contribuito alla scoperta. I dati sono stati ottenuti nei topolini, per cui serviranno verifiche ulteriori; si tratta perciò di un primissimo passo per lo sviluppo di una possibile nuova linea di intervento contro il diabete di tipo 1, ma le prospettive sono incoraggianti.

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