L’allergia alimentare costituisce un problema emergente di salute pubblica, interessando il 6-8% dei bambini e fino al 5% degli adulti che vivono nei paesi occidentali.

Attualmente la gestione standard dell’allergia alimentare prevede la dieta di esclusione e il ricorso ai farmaci di emergenza in caso di reazione avversa. Nonostante una dieta di esclusione rigorosa, si stima che ciascun paziente presenti in media una reazione avversa ogni 1-4 anni, dovuta alla presenza di tracce nascoste di allergene o a fenomeni di contaminazione.

Per questo motivo è auspicabile fare ricorso ad approcci terapeutici, che possano curare realmente le allergie alimentari e non semplicemente escludere gli alimenti dalla propria dieta.

La rivista RIAP ne identifica alcuni:

Immunoterapia allergene specifica (AIT)

Si tratta di una strategia terapeutica attiva, potenzialmente indicata in quei pazienti affetti da allergie alimentari IgE mediate, in cui la dieta di esclusione dell’alimento sia risultata inefficace o causi gravi limitazioni alla qualità di vita del soggetto. Essa consiste nell’esposizione ripetuta e ad intervalli regolari, ad un allergene, in quantità progressivamente crescenti, con lo scopo di indurre la desensibilizzazione e possibilmente la tolleranza verso l’alimento. L’AIT non è scevra da rischi e costi, deve esser condotta in un setting adeguato e da personale esperto, pertanto è fondamentale selezionare correttamente i soggetti candidati a questo tipo di intervento. L’età adeguata per avviare l’AIT è intorno ai 4-5 anni, ma la scelta viene condotta su base individuale.

Immunoterapia orale (OIT)

L’OIT prevede l’ingestione quotidiana di un allergene, generalmente contenuto all’interno di un veicolo alimentare. I protocolli non sono univoci, possono prevedere un incremento rapido o lento della dose, fino a raggiungere una dose di mantenimento quotidiana compresa tra 300 e 4000 mg di proteine. Le linee guida EAACI consigliano di considerare l’impiego dell’OIT per le forme persistenti di allergia alimentare al latte, all’uovo e all’arachide nei bambini a partire dall’età di 4-5 anni. I trial condotti hanno evidenziato che la maggior parte dei soggetti trattati raggiunge la desensibilizzazione, mentre la tolleranza o “post desensitization effectiveness”, ossia la possibilità di assumere l’alimento senza presentare reazioni avverse, dopo un periodo in cui il soggetto non sia stato esposto all’allergene, è meno comune. L’OIT è associata ad alte percentuali di reazioni avverse, la maggior parte delle quali sono lievi; il sintomo più comunemente riportato è il dolore addominale.

Immunoterapia epicutanea (EPIT)

L’EPIT prevede l’applicazione di un piccolo patch sulla cute che rilascia l’allergene e viene sostituito circa ogni 24 h. I protocolli iniziano con l’applicazione per un breve intervallo (poche ore al giorno) fino a raggiungere progressivamente 24 h/die. Il patch può contenere 50-500 mg di proteine alimentari. L’EPIT è stata studiata per il trattamento delle allergie al latte e alle arachidi, si è dimostrata in grado di incrementare la dose soglia scatenante una reazione avversa, soprattutto nei bambini più piccoli, ma con efficacia più modesta rispetto all’OIT e alla SLIT.

Immunoterapia sottocutanea (SCIT)

L’impiego della SCIT è limitato dall’alto rischio di reazioni avverse gravi. Gli studi sulla SCIT sono in atto, focalizzati sull’impiego di varianti ipoallergeniche dell’estratto con ridotta reattività per le IgE ma con conservata immunogenicità.

Terapia biologica

L’omalizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato di classe IgG1, in grado di riconoscere e legare le IgE sieriche libere circolanti. Il farmaco è approvato per il trattamento dell’asma allergico e dell’orticaria cronica idiopatica, sebbene negli ultimi anni sia stato applicato, in aggiunta all’OIT, anche nella terapia delle allergie alimentari. Il trattamento anti-IgE è stato studiato per la prima volta come potenziale terapia per l’allergia alimentare impiegando una molecola simile (TNX-901) in grado di ridurre le reazioni avverse dose-correlate all’arachide. Recenti evidenze scientifiche hanno dimostrato che il trattamento concomitante con omalizumab durante la fase di escalation dell’OIT può favorire il rapido incremento della dose di proteine allergeniche e ridurre il rischio di reazioni avverse associate, anche in soggetti ad alto rischio. 

Vaccino a DNA

Un novità per il trattamento dell’allergia all’arachide è il vaccino a DNA. ASP0892 (ARA LAMP Vax) è un vaccino multivalente (Ara h1, h2, h3) in cui il DNA codificante per gli allergeni è incluso in un vettore plasmidico che esprime sia gli epitopi allergenici che le proteine di membrana associate ai lisosomi (LAMP) per incrementarne l’immunogenicità. È in corso uno studio per valutare il profilo di sicurezza e la tollerabilità del vaccino, che viene somministrato per via sottocutanea o intradermica in adulti con allergia all’arachide.

Conclusioni

La ricerca nel campo della terapia per l’allergia alimentare è in rapida espansione, come testimoniato dai molteplici trial clinici in corso. In ogni caso è sempre opportuno identificare i soggetti con una più alta probabilità di allergia persistente e selezionare la terapia più adatta. Ad oggi L’OIT ha mostrato i risultati più promettenti in termini di efficacia e possibilità di incrementare la dose soglia, tuttavia possiede la più alta percentuale di reazioni avverse.

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