Uno studio italiano riconferma che alcune scelte alimentari possono fare la differenza nel rallentare i processi di invecchiamento e le malattie correlate: e i dati portano nuovamente verso la dieta mediterranea, ricca in frutta e cereali integrali. Lo studio, pubblicato su Nutrients lo scorso dicembre, fa parte del progetto MarkAge, centrato sui più promettenti marker di invecchiamento, ed è stato svolto da un panel di ricercatori che vede in prima fila Maurizio Cardelli, Robertina Giacconi e Marco Malavolta dell’Advanced Technology Center for Aging Research, IRCCS INRCA, Ancona.

 Dottor Malavolta, ci spiega prima di tutto che cos’è il Progetto Mark-Age?

Mark-Age è un grande progetto, finanziato nel 2008 dalla Comunità Europea con lo scopo di individuare i biomarcatori di invecchiamento nell’uomo, a cui collaborano ben 26 partner di ricerca,tra cui noi dell’INRCA-IRCCS. L’approccio innovativo del progetto è stato quello di includere nel reclutamento (in tutto circa 3.200 volontari da tutta Europa di età compresa tra 35-75 anni) oltre a soggetti reclutati random dalla popolazione generale, i figli dei centenari e i rispettivi coniugi. In tal modo si è potuto disporre di un modello di invecchiamento ritardato, in quanto i figli dei centenari vivono mediamente più a lungo della media della popolazione, e di un affidabile controllo per valutare l’influenza dell’ambiente (i rispettivi coniugi). Lo studio ha permesso di creare un innovativo indice di età biologica basato sull’integrazione di marcatori biochimici, epigenetici e molecolari.

Che cosa sono i marcatori epigenetici, e più in generale, che cos’è l’epigenetica?

Possiamo immaginare l’epigenetica come lo studio delle “decorazioni” del nostro DNA che consentono di stabilire quali geni sono spenti e quali accesi (cioè espressi). È grazie a questi meccanismi che le nostre cellule si differenziano in neuroni, epatociti o cellule endoteliali, che hanno struttura e funzioni completamente differenti nonostante il loro DNA sia identico. La cosa interessante dell’epigenetica è che queste “decorazioni” possono essere influenzate dall’alimentazione, dai farmaci, dagli stili di vita, e in generale, quindi, da quelle che definiamo influenze ambientali.

Esiste una correlazione tra le modificazioni epigenetiche del patrimonio genetico e l’invecchiamento dell’organismo?

L’invecchiamento è fortemente associato ad alcuni cambiamenti epigenetici del DNA, e specialmente della sua metilazione. Ad oggi sono state derivate diverse formule matematiche in grado di stimare l’età biologica di una persona, basate sul grado di metilazione di diversi loci del suo DNA. Alcune utilizzano pochi loci, mentre altre più accurate ne utilizzano centinaia. Di queste formule, non sorprende solo l’elevato grado di correlazione che hanno con l’età cronologica degli individui (mai raggiunto da nessun altro marcatore di invecchiamento) ma, soprattutto, la loro capacità di predire la mortalità e il rischio di numerose patologie. Ancora non è chiaro il vero significato di questi cambiamenti epigenetici per quanto concerne l’invecchiamento (ad esempio non sappiamo se ne sono la causa o se sono invece conseguenza di altri fenomeni che non conosciamo ancora), e né tantomeno come e quanto sia possibile intervenire per modificarli: ma è ben chiaro che si tratta di fenomeni di grande importanza nella valutazione di futuri interventi mirati a migliorare la salute dell’uomo.

Che cos’è l’ipometilazione e perché può essere correlata all’invecchiamento?

Tra i cambiamenti epigenetici più caratteristici dell’invecchiamento, si osserva un generalizzato livello di bassa metilazione del DNA (ipometilazione), combinato al fenomeno opposto (ipermetilazione) di specifici loci. Facciamo un passo indietro: la metilazione del DNA consiste nel legame di un gruppo metile ad una delle basi (le “lettere”) che lo costituiscono. Nella quasi totalità dei casi, nell’uomo, questa base è la citosina, e la metilazione riguarda una citosina seguita da una guanina: una sequenza presente con maggiore densità nelle regioni del DNA che regolano l’espressione dei geni. Quando ci sono molte citosine metilate nella regione di DNA che regola l’attività di un gene, è probabile che l’espressione di quel gene sia soppressa (ovvero che il gene sia “spento”), mentre quando il grado di metilazione è basso è probabile che il gene sia espresso. Quindi, se il grado generale di ipometilazione aumenta, è ragionevole aspettarsi che alcuni geni che normalmente dovrebbero essere repressi tendano invece ad essere espressi. La maggior parte della metilazione nel DNA genomico umano avviene in sequenze ripetitive, tra cui alcuni elementi che definiamo Alu: ed è proprio l’ipometilazione degli elementi Alu che è stata riscontrata nell’invecchiamento ed è associata alla gravità di malattie età-correlate come il diabete, il cancro, l’osteoporosi e le malattie cardiovascolari. È interessante notare che l’ipometilazione e l’età epigenetica sono ritardate nei figli dei centenari. 

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