Osteopatia nel terzo trimestre di gravidanza un prezioso aiuto - centro medex

Partiamo innanzitutto dal ricordare due aspetti teorico-pratici fondamentali per questa delicata tipologia di Pazienti (Bivià-Roig et al., 2018) (Mei et al., 2018) (Franke et al., 2017) (Hensel et al., 2015) (Franke et al., 2014) (Licciardone et al., 2010):

(1) in letteratura ci sono pochi risultati chiari e diverse misurazioni contrastanti che riguardano l’approccio manipolativo osteopatico in una paziente in dolce attesa. In letteratura, vi sono comunque significativi miglioramenti sia a livello clinico che statistico nei punteggi relativi al dolore e allo stato funzionale delle pazienti incinte dopo un trattamento osteopatico, sottolineando che non vi sia alcun rischio associato al trattamento manipolativo per questa tipologia di pazienti, nella fattispecie durante il terzo trimestre.

(2) È fondamentale sottolineare che l’Osteopatia, soprattutto in casi come questo, debba fondarsi su un esame clinico individuale, senza focalizzarsi su una singola tipologia di tecniche. Ma non solo, è necessario evidenziare che dal punto di vista biomeccanico è presente una importante eterogeneità a livello dei cambiamenti posturali della regione lombo-pelvica (dipendentemente dagli strumenti di misurazione usati e dai soggetti presi nelle popolazioni analizzate).

Cambiamenti corporei nel terzo trimestre di gravidanza

Tra i vari e notevoli cambiamenti ormai noti che interessano una donna incinta vi sono quelli viscerali, quelli ormonali, quelli circolatori, quelli neurologici, ma anche quelli strutturali e biomeccanici, forse talvolta sottovalutati con spiegazioni semplicistiche (Michonski et al., 2016).

Partiamo dal focus principale: nelle donne incinte vi è una diminuzione della stabilità, sia in senso statico che dinamico e quindi una continua ricerca di adattamento del centro di gravità, ma non solo. Partendo dal presupposto che in nessun soggetto vi è una completa simmetria posturale e dinamica, in gravidanza potrebbe essere sia rilevata una distribuzione asimmetrica del peso e quindi una diversa tensione di tutte le strutture ossee, articolari e mio-fasciali, con una alterazione dei pattern di attivazione dei muscoli estensori lombo-pelvici e dei muscoli intrinseci dell’articolazione dell’anca (Bivià-Roig et al., 2018) (Glinkowski et al., 2016) (Michonski et al., 2016) (Takeda et al., 2015).

Ma come viene gestita la continua ricerca di adattamento del centro di gravità a livello corporeo? Soprattutto tra il secondo e il terzo trimestre vi sono innumerevoli adattamenti delle curve della colonna spinale (non a tutte le donne aumenta la lordosi lombare in modo generico, come sembrerebbe logico a livello teorico) e del cingolo pelvico, per esempio attraverso un suo basculamento anteriore, un importantissimo coinvolgimento della parete addominale anteriore, come pure del cingolo scapolare (Bivià-Roig et al., 2018).

Oltre a questi primi adattamenti sicuramente più intuitivi, bisogna sottolineare che l’attività muscolare degli estensori a livello lombare e dell’anca (in particolar modo a carico del bicipite femorale) risulta maggiore, al fine di ottenere un buon mantenimento della stabilità posturale e dell’efficienza motoria e aiutare a prevenire eventuali cadute (Bivià-Roig et al., 2018) (Mei et al., 2018) (Schroeder et al., 2016).

Infine è palese che il baricentro si sposti più anteriormente rispetto alla colonna lombare, come pure l’appoggio plantare, con una maggior lassità dei muscoli della parete addominale: in contrapposizione a queste modifiche vi è un aumento della rigidità a livello della caviglia e del piede, con una minore eversione, al fine di controllare meglio la stabilità corporea durante l’andatura (Bivià-Roig et al., 2018) (Krkeljas, 2018) (Mei et al., 2018)

Approccio manipolativo osteopatico per la in gravidanza

Quindi un Osteopata come può aiutare una Paziente al terzo trimestre di gravidanza che lamenta lombalgia? La risposta è sempre e comunque nell’analisi di ogni singolo soggetto, per capirne la reale capacità di adattamento e nella normalizzazione di eventuali alterazioni funzionali. Durante il trattamento l’Osteopata deve modulare necessariamente il tocco, il tempo di somministrazione della terapia e le tecniche utilizzate, al fine di proporre un trattamento specifico, personalizzato e mai seguendo un protocollo standard.

Da quanto scritto nei precedenti paragrafi, è utile analizzare e trattare le disfunzioni somatiche che concernono non solo l’aspetto articolare, ma anche quello fluidico, tendineo e mio-fasciale, attraverso un’ampia scelta tra diverse tecniche di decompressione a livello della regione sacro-lombo-pelvica e un approccio specifico alla zona lombare, al fine di rendere entrambi efficienti in relazione alle deviazioni delle strutture anatomiche superiori e inferiori (Sheraton et al., 2018) (Hensel et al., 2015). Oltre a ciò è valido favorire una rotazione esterna delle articolazioni delle anche, al fine di migliorare tutti i pattern dinamici e statici degli arti inferiori e della base di appoggio, accettare e dissipare al meglio le forze discendenti, accompagnare e facilitare il fisiologico spostamento del baricentro, collegando così funzionalmente la lombare, il bacino e gli arti inferiori (Krklejas, 2018) (Sheraton et al., 2018) (Hensel et al., 2015).

Per di più un Osteopata deve avere anche come obiettivo l’ottimizzazione della mobilità della sfera uterina, analizzando e trattando le disfunzioni a carico dell’utero, in correlazione all’osso sacrale e dell’osso sacro stesso (molto comuni soprattutto in gravidanza), alle fosse iliache, al diaframma pelvico e ai muscoli pelvi-trocanterici, senza dimenticare il coccige e i suoi legamenti (Sheraton et al., 2018) (Hensel et al., 2015). Non solo, l’approccio osteopatico deve anche mirare necessariamente anche al triangolo lombo-pelvico in toto, prendendo assolutamente in considerazione anche la sinfisi pubica, assieme alla cerniera dorso-lombare e alle coste basse. Infine non potrà esimersi dall’analizzare e trattare le disfunzioni che rinviene lungo tutta la colonna spinale, in particolare a livello dell’articolazione atlo-occipitale (Krklejas, 2018) (Sheraton et al., 2018) (Hensel et al., 2015).

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